Triplice Cinta a Bomarzo (VT)

 

 

Questo esemplare, che nel momento in cui si scrive è unico in tale contesto boschivo bomarzese, è stato trovato da Salvatore Fosci il 25 aprile del 2012, e da allora è stato notato da diverse altre persone. Nel dicembre 2014 abbiamo potuto andare anche noi a vederlo. Si tratta di una Triplice Cinta classica, con i soli segmenti mediani (no diagonali nè foro centrale), le cui dimensioni sono circa 28 cm x 28. Al momento del ritrovamento l’incisione si trovava sotto uno strato di foglie e di muschio, ancora in parte occupante la superficie dell’esemplare. La struttura nei pressi della quale è incisa è chiamata da Salvatore “piramidina”, per distinguerla dalla “piramide” situata poco distante e in posizione più elevata. Entrambi i termini sono convenzionali e non ufficiali, più pratici che tecnici, impiegati per indicare questi enigmatici manufatti, che attendono ancora un’indagine archeologica sistematica.

La “piramidina” era stata da noi visitata nel 2010 (v. report) ma nessuno, nemmeno Salvatore, sapeva che proprio lì si nascondesse una Triplice Cinta. Anche se da lontano si potrebbe ritenere che la superficie incisoria sia inclinata, da vicino si può ben valutare che non è così: essa è piana e chi ha inciso l’esemplare poteva agevolmente giocarvi, se vogliamo considerare l’aspetto ludico di questo schema.

Accanto si trovano delle profonde coppelle, più somiglianti a delle buche di palo, forse utilizzate in epoca imprecisata per montare una copertura provvisoria. Sulla funzione della “piramidina” non si può dire molto: poteva essere stato un antico altare, un luogo sacro, o un riparo? Certo è che sembra essere in asse con la più grande “piramide”; forse costituiva uno dei punti usati per fissare degli allineamenti. Non lo sappiamo, al momento.

La presenza della TC apre ulteriori misteri: quando è stata eseguita? Da chi e perchè? Salvatore Fosci, osservando il contesto, ha potuto stabilire che la “piramidina” si trova su un antico sentiero di trasporto del materiale (ricordiamo che più a valle c’era una fornace romana), ed era noto nel Medioevo. La presenza di numerose croci di varia foggia, disseminate sui manufatti arcaici presenti in questi boschi, potrebbe significare una riconsacrazione degli stessi in senso cristiano, od essere punti di sosta eventuali “Vie Crucis”. Anche su questa “piramidina”, poco distante dalla TC, si apprezzano le tracce di una di queste croci, ma stabilire un nesso tra croce e TC è difficile. Se considerassimo l’aspetto ludico, potremmo pensare più facilmente a qualche operaio addetto al trasporto del materiale che, durante i momenti di pausa, si dedicava al gioco (almeno in coppia). Ma in che epoca? Romana? Teniamo presente che i boschi sono stati sempre frequentati da alcune categorie professionali come i pastori, fino a tempi relativamente recenti; inoltre hanno costituito luogo di rifugio nei momenti di pericolo, specie durante le guerre. Non sappiamo da quanto la “piramidina” fosse nascosta  (Salvatore l’ha ripulita dai rovi che la avvolgevano, negli ultimi dieci anni), ma possiamo ipotizzare che la TC sia stata eseguita con la bella stagione, perchè l’umindità dell’autunno-inverno ricopre di muschio tutta la  superficie di pietra (che è il peperino); forse analizzando la patina di muschi annidati nei solchi del petroglifo si potrebbe cavare un ragno dal buco, cioè una approssimativa datazione, ma chi mai lo farà?

Dal punto di vista del significato simbolico, non può esso escludersi a priori.

 

Fonte Centro Studi Triplice Cinta

https://www.centro-studi-triplice-cinta.com/products/bomarzo-vt-/

Maurizio di Tuscia Fotografia!!

Un grazie speciale va a Maurizio Di Giovancarlo di Tuscia fotografia, e’ stato un piacere camminare con te!
Maurizio e’ una
persona simpatica e con la scusa della fotografia e’ diventato un grande conoscitore della Tuscia.
Nonostate negli anni abbiamo incontrato molti fotografi, Maurizio e’ riuscito a dare una visione diversa dei nostri
luoghi, un’altra prospettiva, lui  e’ riuscito a tirare fuori l’anima dei luoghi.
Maurizio e’ un tipo vulcanico e socievole, nella nostra passeggiata, portava con se 2 macchinette fotografiche, ed una
borsa piena di accessori per cercare di fare la foto ideale, e’ stato disponibile, mi ha spiegato un po di cose riguardo la fotografia,
alla fine il fotografo di Tuscia fotografia mi ha dato fiducia, lasciandomi fare un po di foto dalla sua Nikok.
Ci siamo lasciando sapendo che presto ci rivedremo, ho conosciuto un bravo fotografo ed un nuovo amico!
Grazie Maurizio grazie a https://www.tusciafotografia.it/
 

tuscia fotografia

LA VIA SACRA ETRUSCA- PASSA ANCHE PER BOMARZO

Via “Sacra” Etrusca.
Stiamo parlando di un  percorso di circa 70 km .  Grazie al prof. Gianfranco Bracci, Diego Vichi dell’università di Siena e  la guida  Sandro Frascarelli di Monteriggioni,    un percorso  escursionista che  da Volterra arriva  Sovicille, attraversando le principali evidenze etrusche,una strada che portava dalla città Etrusca Volterra, verso l’odierna Toscana Meridionale ed il Lazio.
Forse servivano loro per accendere l’entusiasmo, sono diversi i Comuni che stanno collaborando e vogliono essere protagonisti della via “Sacra” Etrusca. I  camminatori, si stanno mobilitando, vogliono essere parte di un sogno.
Da una loro intervista affermano”Ci riteniamo soddisfatti sia per la reazione positiva degli iscritti, provenienti da diverse regioni  d’ Italia, sia per la diffusione ed il successo e l’importanza che questo percorso sta assumendo  per le comunità locali  e per il flusso di turismo lento“.
L’obiettivo rimane quello di rendere fruibile i percorsi, di organizzare a stretto giro sempre più numerosi eventi e trekking, coinvolgendo tutti i tipi di turismo lento e in MTB,  allungare il percorso verso Monteroni d’Arbia, Murlo, Asciano, Sarteano, Chiusi per arrivare ad Orvieto,  Bolsena e Bomarzo.
Sono sicuro che la Tuscia sara’ protagonista per rendere ancora più  affascinante questo itinerario gia’ ricco di storia e cultura, con i camminatori protagonisti e al centro della  storia, consci delle antiche radici comuni, potremo sentirci tutti Etruschi.

Triplice Cinta a Bomarzo (VT)

Fonte Centro Studi Triplice Cinta

 

Questo esemplare, che nel momento in cui si scrive è unico in tale contesto boschivo bomarzese, è stato trovato da Salvatore Fosci il 25 aprile del 2012, e da allora è stato notato da diverse altre persone. Nel dicembre 2014 abbiamo potuto andare anche noi a vederlo. Si tratta di una Triplice Cinta classica, con i soli segmenti mediani (no diagonali nè foro centrale), le cui dimensioni sono circa 28 cm x 28. Al momento del ritrovamento l’incisione si trovava sotto uno strato di foglie e di muschio, ancora in parte occupante la superficie dell’esemplare. La struttura nei pressi della quale è incisa è chiamata da Salvatore “piramidina”, per distinguerla dalla “piramide” situata poco distante e in posizione più elevata. Entrambi i termini sono convenzionali e non ufficiali, più pratici che tecnici, impiegati per indicare questi enigmatici manufatti, che attendono ancora un’indagine archeologica sistematica.

La “piramidina” era stata da noi visitata nel 2010 (v. report) ma nessuno, nemmeno Salvatore, sapeva che proprio lì si nascondesse una Triplice Cinta. Anche se da lontano si potrebbe ritenere che la superficie incisoria sia inclinata, da vicino si può ben valutare che non è così: essa è piana e chi ha inciso l’esemplare poteva agevolmente giocarvi, se vogliamo considerare l’aspetto ludico di questo schema.

Accanto si trovano delle profonde coppelle, più somiglianti a delle buche di palo, forse utilizzate in epoca imprecisata per montare una copertura provvisoria. Sulla funzione della “piramidina” non si può dire molto: poteva essere stato un antico altare, un luogo sacro, o un riparo? Certo è che sembra essere in asse con la più grande “piramide”; forse costituiva uno dei punti usati per fissare degli allineamenti. Non lo sappiamo, al momento.

La presenza della TC apre ulteriori misteri: quando è stata eseguita? Da chi e perchè? Salvatore Fosci, osservando il contesto, ha potuto stabilire che la “piramidina” si trova su un antico sentiero di trasporto del materiale (ricordiamo che più a valle c’era una fornace romana), ed era noto nel Medioevo. La presenza di numerose croci di varia foggia, disseminate sui manufatti arcaici presenti in questi boschi, potrebbe significare una riconsacrazione degli stessi in senso cristiano, od essere punti di sosta eventuali “Vie Crucis”. Anche su questa “piramidina”, poco distante dalla TC, si apprezzano le tracce di una di queste croci, ma stabilire un nesso tra croce e TC è difficile. Se considerassimo l’aspetto ludico, potremmo pensare più facilmente a qualche operaio addetto al trasporto del materiale che, durante i momenti di pausa, si dedicava al gioco (almeno in coppia). Ma in che epoca? Romana? Teniamo presente che i boschi sono stati sempre frequentati da alcune categorie professionali come i pastori, fino a tempi relativamente recenti; inoltre hanno costituito luogo di rifugio nei momenti di pericolo, specie durante le guerre. Non sappiamo da quanto la “piramidina” fosse nascosta  (Salvatore l’ha ripulita dai rovi che la avvolgevano, negli ultimi dieci anni), ma possiamo ipotizzare che la TC sia stata eseguita con la bella stagione, perchè l’umindità dell’autunno-inverno ricopre di muschio tutta la  superficie di pietra (che è il peperino); forse analizzando la patina di muschi annidati nei solchi del petroglifo si potrebbe cavare un ragno dal buco, cioè una approssimativa datazione, ma chi mai lo farà?

Dal punto di vista del significato simbolico, non può esso escludersi a priori.

“La piramide etrusca è la mia storia, la mia vita…” Salvatore Fosci per TusciaWeb

Fonte: TusciaWeb

“Io non posso fare a meno di venire qui – racconta -. E’ il mio passato, la mia appartenenza. Ogni volta che passo per questo bosco è come se ricalcassi le orme dei miei genitori, dei miei nonni e mi sento vivo”.

Salvatore è quell’uomo che provvisto di voglia di fare e cesoie nel 2008 ha iniziato a tagliare via la fitta vegetazione che copriva la piramide etrusca.

“Ho iniziato con la piramide – prosegue – anche se non sapevo di cosa si trattasse all’inizio. Ne avevo solo sentito parlare da alcuni turisti e letto qualcosa sui libri. Chiesi un po’ in giro di cosa si trattasse e a svelarmi il mistero fu mio padre. Per noi di Bomarzo quell’ammasso di rovi intricati non era la piramide, anche perché era davvero difficile distinguere una costruzione, ma il sasso con le scale. Tutti in paese lo chiamavano in questo modo”.

Fosci inizia a lavorare a febbraio 2008 con l’inverno, quando la vegetazione è meno fitta. “Ero mosso – dice –  solo dalla passione per questi posti dove i miei nonni hanno vissuto e lavorato, dove facevano la legna per l’inverno o portavano a pascolare le greggi. Improvvisamente ho deciso che in quel modo, coperti da fitta vegetazione, non potevano restare. Volevo farli vivere ancora, volevo far tornare a respirare il passato, il mio passato”.

Salvatore Fosci torna con la mente a sei anni fa. Quando tutti ha avuto inizio. “Ricordo tanta fatica e sudore, ma anche tanta soddisfazione quando dopo più di mese la piramide, che prima era sotto un fitto intrico di radici e fogliame, ha iniziato a svelarsi.

E’ stata una riscoperta – dice ancora – che però non mi ha fermato. Ho continuato e continuo tutt’ora a lavorarci e appena posso torno qui con le forbici per mantenere intatto questo luogo e i sentieri per arrivarci. Sono diventato uno studioso e un appassionato, tanto che ho trovato anche altre cose. Voglio sottolineare che io non apro altri sentieri ma cerco quelli originali”.

Fosci infatti non ha ripulito solo la piramide ma anche i sentieri della zona, che conducono alla piramide etrusca e al cimitero di Santa Cecilia, recuperando luoghi che sarebbero andati persi senza il suo intervento. Tanto che anche i Beni culturali hanno apprezzato il suo lavoro. “Io li avverto sempre – continua – quando inizio a tagliare e loro apprezzano. Lo faccio perché sento il bisogno di ripulire e far rivivere la nostra storia”.

Salvatore Fosci in questa sua passione e missione non è solo. Con lui c’è anche Abbondio, suo padre. “Mi aiuta, mi consiglia e mi dà indicazioni. Spesso solo al telefono perché non sempre riesce a venire fin qui. Lui però si ricorda come erano questi luoghi 50 o 60 anni fa e allora mi dice come fare. Il segreto sta tutto nel nostro passato, non servono i libri o i misteri, dobbiamo tornare ad ascoltare gli anziani, loro hanno le chiavi per capire. Siamo troppo impegnati per fermarci ad ascoltare, ma così facendo perdiamo indicazioni importanti. Come quelle sulla pietre, che mi hanno aiutato a capire meglio la piramide. Mio padre Abbondio – spiega – era un cavatore e conosce bene questo materiale. E grazie ai suoi consigli ho capito che la struttura della piramide etrusca è stratificata, nel senso che è stata realizzata in più tempi. Si notano lavorazioni diverse che partono dagli etruschi per arrivare fino al medioevo. E queste cose le ho capite guardano il sasso, le scale e quegli scoli che ci sono. Che probabilmente servivano per i sacrifici animali. La loro, secondo me, era una religiosità mista all’utilità. Qui viveva gente semplice e i riti erano dettati dalla necessità di mangiare più che dalla religione”.

La grande passione di Salvatore però fa a pugni con l’indifferenza generale. “Che io ricordi solo durante l’amministrazione di Stefano Bonori sono state organizzate giornate per ripulire questo posto – dice infine – e così non va. Visto il crescente interesse verso tutto il sito e la piramide etrusca in particolare sarebbe bene che le istituzioni prestassero maggiore attenzione. Sia dal punto di vista delle sicurezza che del mantenimento del luogo. Io ci tengo e dico queste cose senza alcuna polemica”.

“La piramide etrusca è la mia storia, la mia vita…”